Invenzione del dipendente utilizzata in regime di segretezza: ALERT della Cassazione
Aggiornamento: 8 mar 2023

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I, ORD., 12.01.2023, N. 698
Per coloro che non operano nel settore è bene sin da subito premettere che in generale l’attività inventiva svolta da un dipendente si configura quale “invenzione d’azienda” quando, pur realizzata in esecuzione o nell’adempimento di un contratto di lavoro o di impiego, non è oggetto di una retribuzione specifica.
In questi casi, secondo quanto previsto dall’art. 64 C.P.I., la titolarità dell’invenzione d’azienda e i relativi diritti spettano al datore di lavoro mentre al dipendente “inventore” spettano
• il diritto morale ad essere riconosciuto quale autore dell’invenzione;
• il diritto ad un equo premio;
Quest’ultimo, tuttavia, viene riconosciuto solo allorquando il datore di lavoro
▪ ottiene il relativo brevetto oppure
▪ utilizza l’invenzione in regime di segretezza.
Ebbene, è proprio su quest’ultimo punto che gli Ermellini hanno posto un monito: si all’equo compenso al dipendente ma solo se sussistono tutti i requisiti di cui all’art. 98 C.P.I..
Nella fattispecie sottoposta all’attenzione della Suprema Corte era stato accertato sì il carattere inventivo nonché il suo valore economico tuttavia non erano state provate e verificate le adeguate misure di controllo volte a mantenere l’invenzione segreta sicché nulla in realtà era ancora dovuto al dipendente.
Ciò in quanto
«[l]e misure che il detentore dei segreti commerciali deve porre in esser al fine di usufruire della tutela offerta dagli artt. 98 e ss. cod. prop. ind. […] devono investire non solo il momento relativo al materiale utilizzo dell’invenzione […] ma anche quello relativo alla custodia delle relative informazioni» … elementi che - come anticipato - nel caso sottoposto all’attenzione degli Ermellini non erano stati accertati nelle precedenti sedi con buona pace del dipendente che dovrà attendere la conclusione di un terzo giudizio di merito.
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